G R A N D E

Enzo Biagi,

considerato il decano dei giornalisti italiani,

volto notissimo dell'informazione tv e prolifico scrittore,

è morto oggi a 87 anni,

dopo che da giorni le sue condizioni di salute erano giudicate gravissime.

Lo ha riferito una fonte della clinica milanese

dove Biagi era stato ricoverato una settimana fa per problemi cardiaci e renali.
Davanti alla casa di cura Capitanio,

dove è stata allestita la camera ardente,

si è creata una folla di giornalisti, foto, cineoperatori e curiosi.

All'interno della sala, una bara di legno chiaro accoglie la salma del giornalista,

coperta da un drappo bianco.
I funerali del giornalista si terranno giovedì prossimo a Pianaccio,

il piccolo borgo di Lizzano in Belvedere,

sull'appennino tosco-emiliano in provincia di Bologna,

dove era nato il 9 agosto 1920.
Biagi si è spento serenamente,

"si è addormentato", ha commentato una delle due figlie dello scrittore, Bice,

uscendo per qualche attimo dalla clinica per incontrare i giornalisti

e ringraziare "tutti quelli che ci hanno scritto e ci sono stati vicini.

Per noi è stata una cosa di grande conforto".
"Negli ultimi anni aveva avuto tanti dolori privati,

ma di recente aveva potuto tornare al lavoro che ha sempre amato",

ha detto Bice.
Tra i primi ad arrivare a rendere omaggio alla salma del giornalista scomparso,

oltre ai familiari,

il direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli.
"Una persona ancora viva che ha lavorato fino all'ultimo giorno

- ha detto Mieli -

Un essere umano con una forza che non ha avuto uguali nella nostra professione.

Il ricordo più forte?

La mano che mi ha tenuto sulla spalla in questi anni di direzione al Corriere della Sera,

nei momenti difficili lui era lì".
"Scompare con Enzo Biagi una grande voce di libertà.

Egli ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento ideale e morale

nel complesso mondo del giornalismo e della televisione,

presidiandone e garantendone l'autonomia e il pluralismo",

ha scritto in un messaggio di cordoglio il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
"L'amore per l'Italia e la conoscenza della storia nazionale avevano ispirato la sua opera di scrittore e le sue indagini nel vivo della realtà italiana".