Aranciu

ATTENTION


This is a non commercial, non professional blog. All images taken from the Internet are assumed to be in the public domain. In the event that there is still a problem or error with copyrighted material, the break of the copyright is unintentional and the material will be removed immediately upon request (post comment or e-mail).


lunedì 20 agosto 2007

Platone dice in un passo del Simposio: "Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l'uno dall'altro. Non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una passione così ardente a essere insieme. È allora evidente che l'anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando, da un fondo enigmatico e buio".



Vorrei che lei mi chiarisse un punto.
Molte donne,
ma anche uomini,
scrivono alle titolari delle rubriche del cuore lettere che iniziano all'incirca così.

"Ho una famiglia meravigliosa,
un uomo/donna che amo e mi soddisfa,
dei figli stupendi"
Fantastico, uno pensa,
meno male che qualcuno è felice di stare in coppia.
Subito dopo, però,
si apprende che la persona in questione ha avuto un incontro casuale con un'antica conoscenza,
un collega,
un compagno di viaggio
che si è concluso in un rapporto sessuale folle,
entusiasmante,
memorabile.
Stando alle lettere, a volte il bagno di sesso finisce lì,
altre continua saltuariamente,
altre ancora si trasforma in una amicizia erotica alla quale si fa fatica a rinunciare.

Domanda:
ma se questa famiglia è tanto meravigliosa,
se il rapporto di coppia è così perfetto,
se si è tanto "innamorati", perché mai si tradisce il proprio partner?
Uso l'espressione "tradire" con cognizione di causa:
dubito, infatti, che l'amore, se non è scambiato per un'agenzia di servizi,
possa contemplare la capacità di nascondere una sessualità parallela.
O sono bigotto io?

Francesco Donati, Milano

Risponde U.Galimberti

Le relazioni sessuali non sono mai parallele perché sono sempre individuate e non ci convocano mai chiamandoci con lo stesso nome. Ciò dipende dal fatto che la sessualità pesca nell'altra parte di noi stessi dove non siamo una persona, ma una popolazione tanto numerosa quanto le divinità dell'Olimpo a cui la mitologia greca era ricorsa per dare volto alle passioni degli uomini. Ogni amore è allora una relazione con una divinità che nel profondo ci abita o, se preferiamo, dal momento che il nostro linguaggio ha tradotto la mitologia in patologia, con una delle nostre passioni. Per questo ogni incontro d'amore è una storia diversa, anzi è un capitolo di quella storia infinita che è la ricognizione di sé. Quel che però gli innamorati ignorano è che la persona di cui si innamorano è lì solo perché, meglio di altri, riflette, come uno specchio, l'attivarsi di una movenza della nostra anima, che noi patiamo, e perciò la chiamiamo "passione". Ma la storia è con le nostre passioni. L'altra persona non c'entra. Perché le scrivo? Perché non la conosco e dunque parlerò senza il complesso di essere giudicata. Non sono sposata e, forse per questo, assumo l'amicizia come un rapporto non accessorio ma di fondamentale importanza. E vengo al punto. Dopo molti anni sto giungendo alla conclusione che, in barba al femminismo e alla tanto osannata parità dei diritti, in realtà tra donne non esiste alcuna solidarietà. Anzi, in buona parte dei casi le relazioni tra donne sono basate essenzialmente su un continuo, estenuante racconto del proprio vissuto (si dice così?) e, per essere ancora più oneste, sull'andamento quotidiano del rapporto con il fidanzato, sugli incontri con un aspirante fidanzato, sulla fine della storia con l'ex fidanzato. E che dire della competizione - sottile, plateale o latente - che aleggia quando di mezzo c'è un "lui"? Come per magia, l'amica che fino a poco prima ti aveva asfissiato con lamentele ai limiti del suicidio, diventa improvvisamente brillante, allegra, accattivante. Il bisogno continuo delle donne di essere seduttive è, a mio avviso, non solo deprimente ma rivela anche una prostituzione psicologica che asfissia la genuinità dei rapporti tra donne. Adriana Biglia, Roma Forse l'amicizia è solo una preparazione all'amore e quando vuol prenderne il posto rivela tutta la sua insufficienza. Si è amici e solidali nella prima adolescenza, quando ci si allena con l'amica del cuore a quel dialogo segreto e duale che verrà poi utilizzato nelle successive storie d'amore. È un dialogo denso di simboli e di travasi d'anima, quasi un gergo privato, inaccessibile agli altri, indispensabile per custodire quelle prime movenze dell'anima che, vissute in solitudine, spaventerebbero, e vissute in mezzo a tutti dileguerebbero. Ma quando si incontra l'amore tutto ciò che era maturato nello scambio amicale trova il suo approdo e l'amicizia sfuma come tutte le cose che hanno il loro senso al di là di se stesse. Se ogni strada ha in vista una meta, non possiamo pretendere dalla strada la felicità promessa dalla meta. Se poi la meta ci inganna, ritorniamo per strada, ma dai nostri e dagli altrui passi delusi non possiamo attendere felicità. A meno di rinunciare alla meta per godere dei paesaggi che la strada, di volta in volta, dischiude. Ma per questo bisogna acquisire la psicologia del viandante, che, senza meta, senza punti di partenza e di arrivo che non siano punti occasionali, trova solidarietà tra quanti, al pari di lui nomadi, vivono il mondo nella casualità della sua innocenza non pregiudicata da alcuna meta da raggiungere, dove è l'accadimento stesso, l'accadimento non iscritto nelle prospettive di un progetto finale a dare felicità. Allora, e solo allora, si incontra vera amicizia e vera solidarietà. Ma noi occidentali non abbiamo una psicologia nomade. Corrotti dalle mete che i progetti ci propongono, conosciamo dell'amicizia e della solidarietà solo i cascami, ciò che resta di progetti mancati.

Nessun commento:




Informazioni personali

Palermo, Italy
Non amo avere rotti i coglioni...e ...e detesto chi non li ha....