.................
Aranciu
ATTENTION
This is a non commercial, non professional blog. All images taken from the Internet are assumed to be in the public domain. In the event that there is still a problem or error with copyrighted material, the break of the copyright is unintentional and the material will be removed immediately upon request (post comment or e-mail).
mercoledì 21 maggio 2008
La Cina per battere la fame compra terreni in tutto il mondo
Prima abbiamo visto l' invasione del "made in China", dall' abbigliamento ai computer. Da qualche anno è subentrata una seconda fase: le multinazionali cinesi comprano aziende occidentali, il Tesoro di Pechino interviene nei salvataggi di banche americane ed europee diventandone azionista. Ora parte il terzo stadio dell' espansione planetaria. La Cina va a caccia di grandi terreni agricoli da comprare in tutto il mondo, per garantire che potrà sfamare la sua popolazione anche in caso di iperinflazione e crisi dei raccolti. Dall' America latina all' Africa, dall' Asia all' Oceania, la nuova strategia punta a risolvere uno dei più gravi problemi di lungo periodo: la sicurezza alimentare. Il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao hanno registrato con allarme i disordini scoppiati in molti paesi vicini (dalle Filippine all' Indonesia) per la penuria di riso. Nella stessa Cina l' inflazione dei generi alimentari è ai massimi dagli anni Ottanta, con punte del 50% per la carne di maiale. Il carovita è al primo posto fra le preoccupazioni della popolazione - ben più del Tibet o delle Olimpiadi - e può far vacillare la stabilità del regime. La Repubblica Popolare non rischia certo le carestie che la affliggevano ai tempi di Mao Zedong. Oggi è una superpotenza anche nell' agricoltura. E' il primo produttore mondiale di grano, riso, patate, prodotti ortofrutticoli. Ma i grandi numeri dei raccolti nascondono uno squilibrio progressivo. I consumi interni esplodono, con il boom economico una quota crescente di famiglie può permettersi una dieta alimentare sempre più ricca. Nel 1985 i cinesi consumavano in media 20 chili di carne a testa in un anno. Nel 2000 il consumo di carne era balzato a 50 chili pro capite. Tra dieci anni secondo la Fao i cinesi mangeranno più di 70 chili di carne a testa. L' allevamento del bestiame assorbe una quantità sempre maggiore di cereali. In molte commodities agricole - dal grano al riso - la Cina ha smesso di esportare; per la soya è diventata così dipendente dall' estero che importa già il 60% del suo fabbisogno. Nel lungo termine non può farcela da sola. Entro le frontiere della Repubblica Popolare vive oggi il 21% della popolazione mondiale ma la sua agricoltura ha solo il 9% delle terre arabili del pianeta. La scarsità di superficie coltivabile nasconde un altro vincolo, perfino più drammatico: la mancanza di acqua, aggravata da inquinamento e desertificazione. La Cina ha solo l' 8% delle riserve di acqua potabile del pianeta; un terzo della superficie nazionale è fatta di deserti e le zone aride continuano a "rubare" territorio di anno in anno. Di qui il piano per partire alla conquista dei "granai del pianeta". E' una direttiva preparata dal ministero dell' Agricoltura: Pechino spinge le grandi società agroalimentari cinesi a investire nell' acquisizione di superfici coltivabili in tutto il mondo. Potranno contare sul sostegno dello Stato, finanziario e diplomatico, per superare le resistenze dei governi stranieri e accaparrarsi terreni agricoli. Contatti politici sono in corso con il presidente Lula per spianare la strada a maxiacquisizioni di terre in Brasile. La nuova strategia si proietta su tutti i continenti, gli obiettivi potenziali sono tanti. Il Brasile e l' Argentina per soya, zucchero, mais. La Nigeria per miglio, semi e arachidi da olio. Indonesia e Malesia per riso, legname, palme da olio per i biocarburanti. Australia e Nuova Zelanda per gli allevamenti di bestiame e la produzione di latte. Gli uffici commerciali delle ambasciate cinesi all' estero hanno mappe dettagliate dei raccolti più importanti per ogni paese. Dal Messico all' Uganda alla Birmania, la Cina è pronta a subentrare ai latifondisti pubblici e privati. Da tempo le autorità di Pechino studiano i precedenti. Alcuni produttori di petrolio come l' Arabia saudita e la Libia hanno avviato contatti analoghi (per esempio con l' Ucraina) proponendo uno scambio inedito: contratti di fornitura di petrolio in cambio di terre agricole; la sicurezza energetica come contropartita della sicurezza alimentare. La decisione cinese è stata accelerata dagli ultimi eventi. Da una parte i contraccolpi della crisi del riso: tre nazioni asiatiche - India Tailandia e Vietnam - hanno imposto il contingentamento delle loro esportazioni. Un gesto che Pechino considera allarmante. Significa che non basta avere il più grosso attivo commerciale del pianeta per "fare la spesa all' estero" in caso di bisogno; non si può dare per scontato il libero accesso ai mercati mondiali; in una crisi l' offerta di alimenti può prosciugarsi all' improvviso. L' altro fenomeno che preoccupa i leader cinesi è la "finanziarizzazione" dei mercati agricoli. Gli hedge fund sono entrati in forze nella speculazione sui futures dei raccolti. Nel solo mese di marzo sul Chicago Stock Exchange si sono scambiati contratti futures per 21 milioni di tonnellate di soya: più del doppio dell' anno scorso. Come per il petrolio, anche per le commodities agricole ormai agiscono potenti fenomeni di anticipazione. La finanza scommette sugli scenari di aumenti dei consumi mondiali, e attraverso il gioco sui futures le previsioni al 2020 fanno schizzare al rialzo i prezzi del 2008. La "bolla" delle anticipazioni è un meccanismo infernale dal quale la Cina vuole riuscire a ripararsi, mettendo al sicuro dalla spirale speculativa i raccolti dei prossimi anni. Il modo migliore è allungare le mani su nuove terre in America latina, nel sudest asiatico, in Africa, diversificando le produzioni e l' esposizione ai rischi climatici. Il principale ostacolo da superare sono le resistenze politiche dei governi stranieri su un tema strategico come l' autosufficienza alimentare. Ma Pechino ha argomenti persuasivi. Il modello è un accordo di lungo termine appena firmato con il Congo, l' ultimo di una serie di partner africani conquistati dalla Repubblica Popolare. I cinesi costruiranno strade, ferrovie, aeroporti, ospedali; in cambio intere miniere di rame e cobalto sono di fatto ipotecate. Migliaia di operai cinesi sbarcheranno in Congo per portarvi la promessa di una modernizzazione che non riuscì agli ex padroni coloniali europei. E' il patto che la Cina propone a molte nazioni emergenti per avere le loro materie prime. Poche possono permettersi di rifiutare l' offerta. -
martedì 20 maggio 2008
sabato 17 maggio 2008
giovedì 15 maggio 2008
EROTISMO......
Diciamolo subito:
se non esiste una grande letteratura erotica, l' erotismo è presente nelle grandi opere letterarie. Un letteratura specializzata in cui l' erotismo sia avulso da un contesto vitale rimane povera. Un testo letterario è tanto più ricco, quanto più integra una pluralità di livelli d' esperienza. E se in questo contesto l' erotismo gioca un ruolo primario, si può veramente parlare di letteratura erotica. Un esempio contemporaneo? Uno dei grandi romanzi moderni, Lolita di Nabokov. Qui l' erotismo ha un ruolo primario, ma accanto a molti altri ingredienti di importanza analoga, in un contesto di grande complessità - come avviene del resto per l' esperienza erotica nella vita. E c' è un' aperta esaltazione della pulsione sessuale, della fantasia erotica, delle fantasmagorie, del diritto al piacere.I confini tra erotismo e pornografia si possono definire solo in termini estetici. Potremmo chiamare erotica tutta la letteratura che fa riferimento al piacere sessuale, e raggiunge un determinato coefficiente estetico; quando però rimane al di sotto di quel minimo che consente di classificare un testo tra le opere artistiche, si tratta di pornografia. Quando la materia prevale sull' espressione, un testo potrà essere clinico o sociologico, ma non avrà valore letterario. L' erotismo comporta un arricchimento dell' atto sessuale e del contesto in cui ha luogo, grazie alla cultura e alla forma estetica. L' elemento erotico sta nel circondarlo di uno scenario, di una teatralità che senza eludere il piacere del sesso aggiunge ad esso una dimensione artistica.Questo tipo di letteratura ha raggiunto il suo apogeo nel XVIII secolo, epoca dalla quale ci vengono testi di grande valore artistico, dotati di una carica erotica che oggi si è persa. Per gli autori di allora, quel genere di scrittura, con la rivendicazione del piacere sessuale e la riverenza per il corpo, costituiva un atto di ribellione, una sfida al potere costituito. Perciò quegli scrittori erano pensatori rivoluzionari. Diderot, ad esempio. O Mirabeau, che dal carcere scriveva a Sophie de Monnier lettere di forte contenuto sessuale. Questi scritti erano per lui parte integrante di una lotta per la trasformazione umana, per la riforma sociale. Il caso più estremo è quello del marchese de Sade - benché non credo si possa dire che nei testi di Sade si esalti il piacere erotico. Le sue dimostrazioni sessuali hanno un che di intellettuale, di ossessivo, fin quasi al fanatismo.Nel XIX secolo, l' erotismo si trasforma in un raffinatissimo gioco. E nel XX si banalizza, diventa superficiale, prevedibile; si commercializza, nel senso peggiore del termine. Non genera ormai più alcuna sperimentazione formale, e perde la sua carica critica - tranne in casi eccezionali come quello di Bataille. Gli scritti di Georges Bataille sono graffianti; sfidano le ultime convenzioni. E sono al tempo stesso lugubri, sinistri; esprimono perversione, più che apertura al piacere. Ma Bataille è anche uno degli scrittori moderni in cui l' erotismo si accompagna a una grande audacia artistica.La liberalità dei costumi, che pure per la società è un progresso morale, ha sempre giocato contro la letteratura erotica. Ha privato l' erotismo di quella carica anticonformista, di sfida alla morale costituita che aveva quando i libri di palese contenuto erotico si leggevano di nascosto. Scrivere un libro erotico è oggi molto più difficile che in passato, poiché non c' è più la censura da affrontare, mentre il rischio è cadere nella banalità, nello stereotipo. La permissività è tale che tutto è accettabile e accettato. L' effetto "scandalo" è scomparso. Ora è sorto un erotismo di lusso, raffinato come un gioco elegante, di cui troviamo un buon esempio nelle opere di André Pieyre de Mandiargues: scritte benissimo, estremamente raffinate, con un afflato poetico un po' surreale.Nel mondo di lingua spagnola la letteratura erotica in quanto tale è quasi assente. E' esistita in passato, forse in risposta a una fortissima tradizione repressiva. La letteratura moderna annovera testi di una grande libertà d' espressione, insolenti fino alla volgarità. Ma l' erotismo è un' altra cosa; esige una certa raffinatezza. L' erotismo non appartiene alle società primitive, poiché richiede un' evoluzione della forma, oltre all' acquisizione di grandi spazi di libertà per l' individuo. Solo in un contesto del genere la relazione sessuale può trasformarsi in gioco, in teatro, in cerimonia con i suoi riti, e acquistare una connotazione artistica. L' amore si pratica allora come uno spettacolo, attorniato da forme. Ciò non avviene in culture fortemente repressive o represse, e a maggior ragione neppure nelle società primitive.Ho scoperto la letteratura erotica per caso, quand' ero studente universitario. Avevo trovato un lavoro al Club Nazionale di Lima: un Club molto attivo, frequentato da gente ricca. Il mio professore di storia, che era anche bibliotecario presso quel club, mi assunse per due ore al giorno come suo assistente, con il compito di redigere le schede dei nuovi acquisti. C' era la collezione completa di Les Maîtres de l' Amour, una collana francese curata da Apollinaire, che aveva scritto anche molte delle prefazioni, sempre con grande erudizione e a volte non senza ironia. Ho scoperto così la tradizione erotica al più alto livello letterario: Sade, Restif de la Bretonne, John Cleland, Sacher-Masoch, i tre volumi delle memorie di Casanova... C' era proprio tutto. Per qualche tempo ho pensato, con un certo candore, che fosse quella la vera rivoluzione. Avevo un' idea alquanto ingenua del potere della letteratura erotica.Per qualche tempo mi sono dedicato alla lettura di questi libri con grande passione. Soltanto in seguito ho scoperto il loro grande limite: la monotonia. I rapporti sessuali, che pure arricchiscono straordinariamente la vita, sono limitati. Per quanta intelligenza si ponga nel rinnovarli, si svolgono sempre in un ambito determinato. Da qui l' estrema monotonia dei testi esclusivamente erotici, destinati a cadere nella routine del prevedibile. Perciò l' erotismo migliore si trova in opere ove non costituisce l' unico tema, ma un ingrediente all' interno di un mondo diverso e complesso. E questo ci riporta alla grande letteratura. Si può ben dire che senza erotismo raramente un' opera letteraria è grande; e per converso, è difficile che vi sia grandezza in un testo esclusivamente erotico.In alcuni romanzi di per sé non erotici vi sono episodi in cui l' eros ha una carica tale da farli divenire veri e propri crateri nel contesto della narrazione, nell' immagine che la sintetizza. Ad esempio, in Splendori e miserie delle cortigiane di Balzac, l' autore descrive, durante un viaggio in diligenza, una passeggera e un giovane seduto di fronte a lei. Le asperità del terreno sballottano i viaggiatori gli uni contro gli altri, e il giovane si sente sfiorare a un tratto dalle ginocchia della giovane donna. Non dimenticherò mai la descrizione meravigliosa di quel tocco leggero, in quella nervosa clandestinità. Queste vampate erotiche nel contesto di una narrazione hanno per me un' importanza cruciale. Ho sempre avuto l' idea di curare un' antologia dell' erotismo non voluto, non deliberato. E' un progetto che continua a inseguirmi. Qualcosa nel genere dell' antologia dell' umorismo nero di André Breton, o dell' antologia del fantastico di Roger Caillois. Potrebbe essere una selezione preziosa, con testi molto sensuali tratti da libri nient' affatto erotici di per sé, e difficilmente concepibili come tali: alcuni scritti religiosi ad esempio, quelli dei mistici. Molte opere di San Juan de la Cruz si potrebbero interpretare in chiave erotica. A leggerle con spirito laico, possono risultare straordinariamente stimolanti. E lo stesso vale per il Cantico dei cantici. Altro frammento dell' antologia: le prime pagine di Moby Dick, uno dei libri che ho sempre a portata di mano. Vi si descrive lo strano rapporto tra due personaggi maschili, il narratore e un indio, che dormono fianco a fianco nella stessa casa. Apparentemente tutto questo è puro, senz' ombra di erotismo, ma un lettore malizioso - e lo siamo tutti - può trovare molto strana la convivenza di questi due personaggi, che stabiliscono una sorta di fratellanza carnale - anche se non è menzionata neppure l' ombra della possibilità di un rapporto omosessuale. Altro brano da citare: il monologo di Molly Bloom nell' Ulisse di Joyce, con tutta la sua carica erotica. Sono pagine di una forza straordinaria, per l' incredibile sensualità di Molly, che emana da quel monologo come una specie di effluvio seminale.-
MARIO VARGAS LLOSA
Diciamolo subito:
se non esiste una grande letteratura erotica, l' erotismo è presente nelle grandi opere letterarie. Un letteratura specializzata in cui l' erotismo sia avulso da un contesto vitale rimane povera. Un testo letterario è tanto più ricco, quanto più integra una pluralità di livelli d' esperienza. E se in questo contesto l' erotismo gioca un ruolo primario, si può veramente parlare di letteratura erotica. Un esempio contemporaneo? Uno dei grandi romanzi moderni, Lolita di Nabokov. Qui l' erotismo ha un ruolo primario, ma accanto a molti altri ingredienti di importanza analoga, in un contesto di grande complessità - come avviene del resto per l' esperienza erotica nella vita. E c' è un' aperta esaltazione della pulsione sessuale, della fantasia erotica, delle fantasmagorie, del diritto al piacere.I confini tra erotismo e pornografia si possono definire solo in termini estetici. Potremmo chiamare erotica tutta la letteratura che fa riferimento al piacere sessuale, e raggiunge un determinato coefficiente estetico; quando però rimane al di sotto di quel minimo che consente di classificare un testo tra le opere artistiche, si tratta di pornografia. Quando la materia prevale sull' espressione, un testo potrà essere clinico o sociologico, ma non avrà valore letterario. L' erotismo comporta un arricchimento dell' atto sessuale e del contesto in cui ha luogo, grazie alla cultura e alla forma estetica. L' elemento erotico sta nel circondarlo di uno scenario, di una teatralità che senza eludere il piacere del sesso aggiunge ad esso una dimensione artistica.Questo tipo di letteratura ha raggiunto il suo apogeo nel XVIII secolo, epoca dalla quale ci vengono testi di grande valore artistico, dotati di una carica erotica che oggi si è persa. Per gli autori di allora, quel genere di scrittura, con la rivendicazione del piacere sessuale e la riverenza per il corpo, costituiva un atto di ribellione, una sfida al potere costituito. Perciò quegli scrittori erano pensatori rivoluzionari. Diderot, ad esempio. O Mirabeau, che dal carcere scriveva a Sophie de Monnier lettere di forte contenuto sessuale. Questi scritti erano per lui parte integrante di una lotta per la trasformazione umana, per la riforma sociale. Il caso più estremo è quello del marchese de Sade - benché non credo si possa dire che nei testi di Sade si esalti il piacere erotico. Le sue dimostrazioni sessuali hanno un che di intellettuale, di ossessivo, fin quasi al fanatismo.Nel XIX secolo, l' erotismo si trasforma in un raffinatissimo gioco. E nel XX si banalizza, diventa superficiale, prevedibile; si commercializza, nel senso peggiore del termine. Non genera ormai più alcuna sperimentazione formale, e perde la sua carica critica - tranne in casi eccezionali come quello di Bataille. Gli scritti di Georges Bataille sono graffianti; sfidano le ultime convenzioni. E sono al tempo stesso lugubri, sinistri; esprimono perversione, più che apertura al piacere. Ma Bataille è anche uno degli scrittori moderni in cui l' erotismo si accompagna a una grande audacia artistica.La liberalità dei costumi, che pure per la società è un progresso morale, ha sempre giocato contro la letteratura erotica. Ha privato l' erotismo di quella carica anticonformista, di sfida alla morale costituita che aveva quando i libri di palese contenuto erotico si leggevano di nascosto. Scrivere un libro erotico è oggi molto più difficile che in passato, poiché non c' è più la censura da affrontare, mentre il rischio è cadere nella banalità, nello stereotipo. La permissività è tale che tutto è accettabile e accettato. L' effetto "scandalo" è scomparso. Ora è sorto un erotismo di lusso, raffinato come un gioco elegante, di cui troviamo un buon esempio nelle opere di André Pieyre de Mandiargues: scritte benissimo, estremamente raffinate, con un afflato poetico un po' surreale.Nel mondo di lingua spagnola la letteratura erotica in quanto tale è quasi assente. E' esistita in passato, forse in risposta a una fortissima tradizione repressiva. La letteratura moderna annovera testi di una grande libertà d' espressione, insolenti fino alla volgarità. Ma l' erotismo è un' altra cosa; esige una certa raffinatezza. L' erotismo non appartiene alle società primitive, poiché richiede un' evoluzione della forma, oltre all' acquisizione di grandi spazi di libertà per l' individuo. Solo in un contesto del genere la relazione sessuale può trasformarsi in gioco, in teatro, in cerimonia con i suoi riti, e acquistare una connotazione artistica. L' amore si pratica allora come uno spettacolo, attorniato da forme. Ciò non avviene in culture fortemente repressive o represse, e a maggior ragione neppure nelle società primitive.Ho scoperto la letteratura erotica per caso, quand' ero studente universitario. Avevo trovato un lavoro al Club Nazionale di Lima: un Club molto attivo, frequentato da gente ricca. Il mio professore di storia, che era anche bibliotecario presso quel club, mi assunse per due ore al giorno come suo assistente, con il compito di redigere le schede dei nuovi acquisti. C' era la collezione completa di Les Maîtres de l' Amour, una collana francese curata da Apollinaire, che aveva scritto anche molte delle prefazioni, sempre con grande erudizione e a volte non senza ironia. Ho scoperto così la tradizione erotica al più alto livello letterario: Sade, Restif de la Bretonne, John Cleland, Sacher-Masoch, i tre volumi delle memorie di Casanova... C' era proprio tutto. Per qualche tempo ho pensato, con un certo candore, che fosse quella la vera rivoluzione. Avevo un' idea alquanto ingenua del potere della letteratura erotica.Per qualche tempo mi sono dedicato alla lettura di questi libri con grande passione. Soltanto in seguito ho scoperto il loro grande limite: la monotonia. I rapporti sessuali, che pure arricchiscono straordinariamente la vita, sono limitati. Per quanta intelligenza si ponga nel rinnovarli, si svolgono sempre in un ambito determinato. Da qui l' estrema monotonia dei testi esclusivamente erotici, destinati a cadere nella routine del prevedibile. Perciò l' erotismo migliore si trova in opere ove non costituisce l' unico tema, ma un ingrediente all' interno di un mondo diverso e complesso. E questo ci riporta alla grande letteratura. Si può ben dire che senza erotismo raramente un' opera letteraria è grande; e per converso, è difficile che vi sia grandezza in un testo esclusivamente erotico.In alcuni romanzi di per sé non erotici vi sono episodi in cui l' eros ha una carica tale da farli divenire veri e propri crateri nel contesto della narrazione, nell' immagine che la sintetizza. Ad esempio, in Splendori e miserie delle cortigiane di Balzac, l' autore descrive, durante un viaggio in diligenza, una passeggera e un giovane seduto di fronte a lei. Le asperità del terreno sballottano i viaggiatori gli uni contro gli altri, e il giovane si sente sfiorare a un tratto dalle ginocchia della giovane donna. Non dimenticherò mai la descrizione meravigliosa di quel tocco leggero, in quella nervosa clandestinità. Queste vampate erotiche nel contesto di una narrazione hanno per me un' importanza cruciale. Ho sempre avuto l' idea di curare un' antologia dell' erotismo non voluto, non deliberato. E' un progetto che continua a inseguirmi. Qualcosa nel genere dell' antologia dell' umorismo nero di André Breton, o dell' antologia del fantastico di Roger Caillois. Potrebbe essere una selezione preziosa, con testi molto sensuali tratti da libri nient' affatto erotici di per sé, e difficilmente concepibili come tali: alcuni scritti religiosi ad esempio, quelli dei mistici. Molte opere di San Juan de la Cruz si potrebbero interpretare in chiave erotica. A leggerle con spirito laico, possono risultare straordinariamente stimolanti. E lo stesso vale per il Cantico dei cantici. Altro frammento dell' antologia: le prime pagine di Moby Dick, uno dei libri che ho sempre a portata di mano. Vi si descrive lo strano rapporto tra due personaggi maschili, il narratore e un indio, che dormono fianco a fianco nella stessa casa. Apparentemente tutto questo è puro, senz' ombra di erotismo, ma un lettore malizioso - e lo siamo tutti - può trovare molto strana la convivenza di questi due personaggi, che stabiliscono una sorta di fratellanza carnale - anche se non è menzionata neppure l' ombra della possibilità di un rapporto omosessuale. Altro brano da citare: il monologo di Molly Bloom nell' Ulisse di Joyce, con tutta la sua carica erotica. Sono pagine di una forza straordinaria, per l' incredibile sensualità di Molly, che emana da quel monologo come una specie di effluvio seminale.-
MARIO VARGAS LLOSA
...Il Belpaese bigotto e perverso
Lo sappiamo: le presunte porcherie del professore Marcelletti con una bambina di tredici anni apparentemente non c' entrano nulla con i cardinali Ruini e Bertone. E le tante notti travestite, non solo quelle del brasiliano d' Italia Ronaldo, a prima vista non hanno niente a che fare con le omelie del Papa contro la "194". Ci mancherebbe. È però vero che, ossessionati dalla legge sull' aborto e convinti che la sessualità sia una branca della teologia, i cattolici neointegralisti neppure si accorgono della devastazione che è stata fatta del paesaggio erotico nazionale, e soprattutto della rêverie dei nostri maschi. E figuriamoci se, perduti nel loro caleidoscopio di moralismo bigotto, pensano di portare sulle proprie spalle un po' di responsabilità per l' evoluzione del peccato italiano da tollerato condimento dell' anima cattolica a vortice di malattie sessuofobiche, impensabili per la generazione che era cresciuta con il mito della vichinga e si ritrova oggi con i pedofili e i transessuali. Alla fine, solo noi laici senza ideologie restiamo a bocca spalancata ogni volta che la cronaca apre, più o meno lecitamente, uno squarcio sui vizi privati delle nostre eccellenze: dal grande e bravissimo cardiochirurgo, appunto, al coccolato calciatore simbolo del calcio meneghino, europeizzato e italianizzato fra Madrid e Milano; dal politico, per bene e di sinistra, tentato dal transessuale al ricco e affascinante ereditiero Fiat che si rilassa con un travestito.Al giudice che gli chiedeva conto, l' italianizzato Ronaldo ha detto: «Non mi ero accorto che erano viados, pensavo fossero ragazze». E il giudice: «Ma che erano tre se ne sarà accorto. Lei festeggia con tre ragazze tre?». Legga, il cardinale Bertone, i verbali della famosa notte brava dell' onorevole Mele: «Mi costrinse a chiamare il mio ragazzo per riferirgli che stavo facendo sesso con lui, voleva che chiamassi solo maschi o un pornodivo (...)». Cosa è dunque accaduto agli italiani? Perché hanno sostituito il vecchio adulterio, l' abbandono del tetto coniugale e la poligamia con tutta questa robaccia, con la pedofilia, con i vizi più strani, e proprio lì dove non te li aspetti, come nel caso del grande chirurgo Marcelletti che ti immagini magari venale perché svolge una professione strategica che affronta appunto il cuore del problema, ma non lo sospetti vizioso e ridotto a bestia. Pensi a Christian Barnard e ai primi trapianti, alla sua passione per le donne belle, alle auto veloci e ai bei vestiti, al fascino di gente riverita che ha potere ma che non approfitta della soggezione che incute; non trasforma la devozione in prostrazione, specialmente sessuale. Nella posizione di grande privilegio non sospetti il verme. Nel pilota d' aereo non intravedi l' alcolista, nel fisico nucleare non immagini il piromane, nel ginecologo non temi lo stupratore. Pensi che abbiano tutti un fascino latino, che siano appunto dei latin lover, degli adulteri e non dei pervertiti, degli sfacciati peccatori e non dei sordidi viziosi. Chi ha portato gli italiani, per dirla con i sapienti tomisti, dall' illicitus coitus cum uxore vel marito alterius alla spudoratezza della perversione? L' adulterio, come tutti capiscono, era la disputa maschile sul corpo della donna. Il rifiuto dell' adulterio sta alla base della civiltà occidentale: l' odissea dei sensi, vissuta da Penelope contro ogni tentazione adultera tramata dai Proci. E, ancora oggi, ci sono posti nel mondo dove si spara e si ammazza per un adulterio. Anzi alcuni pensano che la linea discriminante dello scontro di civiltà sia proprio l' adulterio che in Occidente è stato derubricato da peccato mortale (il 9° comandamento) a peccato ultraveniale e forse persino a non peccato, a sbadataggine, mentre in Oriente è ancora l' onore dell' uomo custodito nel grembo della donna e risarcito con la lapidazione. Ebbene, l' Italia che fu il paese delle adultere e dei cicisbei, che fu la patria del peccato latino, oggi si colloca al di là di questa discriminante, come una specie di Babele, con uno statuto a parte, quello della bizzarria sessuale. Non che prima non ci fossero vizi immondi. Ma erano lì, nascosti e gestiti da personalità aberrate. Oggi l' aberrazione è diventata normalità. In passato c' erano alcuni fiori selvaggi, come Pasolini per esempio, di grande forza ma anche di grande difformità. Erano fiori che trasgredivano la misura, nel bene e nel male: viziosi per eccesso di umanità. A seguire la cronaca, gli italiani sono tutti come Pasolini senza avere scritto né fatto nulla d' importante o di eccezionale. Siamo diventati un popolo di trasgressori, tutti cittadini della Salò di Pasolini, tutti a provare azzardi e a cercare sapori forti, tutti tentati dai brividi, tutti innamorati delle porcherie, con una deformazione del carattere antropologico nazionale: dal mito del maschio italiano al mito del porco italiano. Ebbene, una parte della responsabilità ce l' ha sicuramente quel laboratorio di Frankenstein che è stato ed è tornato ad essere il neointegralismo cattolico. Una vecchia saggezza cristiana ci fa pensare che i buoni preti italiani sapranno ancora una volta smascherare, dietro le sembianze degli asceti, i nevrotici che legittimano o nascondono intrallazzi sessuali. Accade sempre così quando si scarica Dio sul sesso, quando si considera il sesso come una molla sulla quale mettere Dio a sedere: da un parte c' è il fuoco del divieto e dall' altra c' è quello del vizio, da un lato la dottrina infuocata e dall' altro la società infoiata. Da una parte le prediche sessuofobiche e dall' altra la tv più cattolica e più sporcacciona del mondo. Da una parte l' amputazione innaturale e dall' altra lo stupro. Da una parte la repressione e dall' altra le manie dei turisti sessuali in Thailandia o a Cuba. Da una parte Ruini e dall' altra Marcelletti. Non è dunque per generosità e neppure per pietà che dinanzi a tutti i Marcelletti d' Italia invochiamo uno scarto fantasioso del nostro diritto. È possibile che Marcelletti, chirurgo bravissimo e amato dalla gente, abbia a sua volta bisogno di cure mediche, di cure forzate. Se così fosse, il nostro Diritto potrebbe immaginare non una condanna che, oltre a renderlo sessualmente inoffensivo, gli togliesse i ferri dalle mani e dunque ci privasse del suo talento, della sua eccellenza chirurgica. Forse bisognerebbe destinarlo alla chirurgia forzata, oltre che alle cure forzate, vale a dire condannarlo ad operare gratis per conto dello Stato, a risarcire la società con quel molto che sa fare. Sarebbe un buon inizio per fronteggiare laicamente i sempre più numerosi e orribili delitti sessuali che sono l' altra monnezza dell' Italia di nuovo frastornata dai moralisti. - FRANCESCO MERLO
Lo sappiamo: le presunte porcherie del professore Marcelletti con una bambina di tredici anni apparentemente non c' entrano nulla con i cardinali Ruini e Bertone. E le tante notti travestite, non solo quelle del brasiliano d' Italia Ronaldo, a prima vista non hanno niente a che fare con le omelie del Papa contro la "194". Ci mancherebbe. È però vero che, ossessionati dalla legge sull' aborto e convinti che la sessualità sia una branca della teologia, i cattolici neointegralisti neppure si accorgono della devastazione che è stata fatta del paesaggio erotico nazionale, e soprattutto della rêverie dei nostri maschi. E figuriamoci se, perduti nel loro caleidoscopio di moralismo bigotto, pensano di portare sulle proprie spalle un po' di responsabilità per l' evoluzione del peccato italiano da tollerato condimento dell' anima cattolica a vortice di malattie sessuofobiche, impensabili per la generazione che era cresciuta con il mito della vichinga e si ritrova oggi con i pedofili e i transessuali. Alla fine, solo noi laici senza ideologie restiamo a bocca spalancata ogni volta che la cronaca apre, più o meno lecitamente, uno squarcio sui vizi privati delle nostre eccellenze: dal grande e bravissimo cardiochirurgo, appunto, al coccolato calciatore simbolo del calcio meneghino, europeizzato e italianizzato fra Madrid e Milano; dal politico, per bene e di sinistra, tentato dal transessuale al ricco e affascinante ereditiero Fiat che si rilassa con un travestito.Al giudice che gli chiedeva conto, l' italianizzato Ronaldo ha detto: «Non mi ero accorto che erano viados, pensavo fossero ragazze». E il giudice: «Ma che erano tre se ne sarà accorto. Lei festeggia con tre ragazze tre?». Legga, il cardinale Bertone, i verbali della famosa notte brava dell' onorevole Mele: «Mi costrinse a chiamare il mio ragazzo per riferirgli che stavo facendo sesso con lui, voleva che chiamassi solo maschi o un pornodivo (...)». Cosa è dunque accaduto agli italiani? Perché hanno sostituito il vecchio adulterio, l' abbandono del tetto coniugale e la poligamia con tutta questa robaccia, con la pedofilia, con i vizi più strani, e proprio lì dove non te li aspetti, come nel caso del grande chirurgo Marcelletti che ti immagini magari venale perché svolge una professione strategica che affronta appunto il cuore del problema, ma non lo sospetti vizioso e ridotto a bestia. Pensi a Christian Barnard e ai primi trapianti, alla sua passione per le donne belle, alle auto veloci e ai bei vestiti, al fascino di gente riverita che ha potere ma che non approfitta della soggezione che incute; non trasforma la devozione in prostrazione, specialmente sessuale. Nella posizione di grande privilegio non sospetti il verme. Nel pilota d' aereo non intravedi l' alcolista, nel fisico nucleare non immagini il piromane, nel ginecologo non temi lo stupratore. Pensi che abbiano tutti un fascino latino, che siano appunto dei latin lover, degli adulteri e non dei pervertiti, degli sfacciati peccatori e non dei sordidi viziosi. Chi ha portato gli italiani, per dirla con i sapienti tomisti, dall' illicitus coitus cum uxore vel marito alterius alla spudoratezza della perversione? L' adulterio, come tutti capiscono, era la disputa maschile sul corpo della donna. Il rifiuto dell' adulterio sta alla base della civiltà occidentale: l' odissea dei sensi, vissuta da Penelope contro ogni tentazione adultera tramata dai Proci. E, ancora oggi, ci sono posti nel mondo dove si spara e si ammazza per un adulterio. Anzi alcuni pensano che la linea discriminante dello scontro di civiltà sia proprio l' adulterio che in Occidente è stato derubricato da peccato mortale (il 9° comandamento) a peccato ultraveniale e forse persino a non peccato, a sbadataggine, mentre in Oriente è ancora l' onore dell' uomo custodito nel grembo della donna e risarcito con la lapidazione. Ebbene, l' Italia che fu il paese delle adultere e dei cicisbei, che fu la patria del peccato latino, oggi si colloca al di là di questa discriminante, come una specie di Babele, con uno statuto a parte, quello della bizzarria sessuale. Non che prima non ci fossero vizi immondi. Ma erano lì, nascosti e gestiti da personalità aberrate. Oggi l' aberrazione è diventata normalità. In passato c' erano alcuni fiori selvaggi, come Pasolini per esempio, di grande forza ma anche di grande difformità. Erano fiori che trasgredivano la misura, nel bene e nel male: viziosi per eccesso di umanità. A seguire la cronaca, gli italiani sono tutti come Pasolini senza avere scritto né fatto nulla d' importante o di eccezionale. Siamo diventati un popolo di trasgressori, tutti cittadini della Salò di Pasolini, tutti a provare azzardi e a cercare sapori forti, tutti tentati dai brividi, tutti innamorati delle porcherie, con una deformazione del carattere antropologico nazionale: dal mito del maschio italiano al mito del porco italiano. Ebbene, una parte della responsabilità ce l' ha sicuramente quel laboratorio di Frankenstein che è stato ed è tornato ad essere il neointegralismo cattolico. Una vecchia saggezza cristiana ci fa pensare che i buoni preti italiani sapranno ancora una volta smascherare, dietro le sembianze degli asceti, i nevrotici che legittimano o nascondono intrallazzi sessuali. Accade sempre così quando si scarica Dio sul sesso, quando si considera il sesso come una molla sulla quale mettere Dio a sedere: da un parte c' è il fuoco del divieto e dall' altra c' è quello del vizio, da un lato la dottrina infuocata e dall' altro la società infoiata. Da una parte le prediche sessuofobiche e dall' altra la tv più cattolica e più sporcacciona del mondo. Da una parte l' amputazione innaturale e dall' altra lo stupro. Da una parte la repressione e dall' altra le manie dei turisti sessuali in Thailandia o a Cuba. Da una parte Ruini e dall' altra Marcelletti. Non è dunque per generosità e neppure per pietà che dinanzi a tutti i Marcelletti d' Italia invochiamo uno scarto fantasioso del nostro diritto. È possibile che Marcelletti, chirurgo bravissimo e amato dalla gente, abbia a sua volta bisogno di cure mediche, di cure forzate. Se così fosse, il nostro Diritto potrebbe immaginare non una condanna che, oltre a renderlo sessualmente inoffensivo, gli togliesse i ferri dalle mani e dunque ci privasse del suo talento, della sua eccellenza chirurgica. Forse bisognerebbe destinarlo alla chirurgia forzata, oltre che alle cure forzate, vale a dire condannarlo ad operare gratis per conto dello Stato, a risarcire la società con quel molto che sa fare. Sarebbe un buon inizio per fronteggiare laicamente i sempre più numerosi e orribili delitti sessuali che sono l' altra monnezza dell' Italia di nuovo frastornata dai moralisti. - FRANCESCO MERLO
mercoledì 14 maggio 2008
.COSI' NACQUE LA CAPITALE DEL BAROCCO
André Chastel, uno dei maggiori storici dell' arte italiana, ha scritto che "quanto tutto è perduto non si resiste alla disperazione se non ricostruendo l' ordine della vita con un ardore, un' ambizione, una fretta che possono giungere fino all' istrionismo". E' una frase che in qualche modo riassume la storia di Noto, oggi definita dall' Unesco "capitale europea del barocco", costruita in pochi anni dopo l' 11 gennaio del 1693, dopo che era stata completamente distrutta da un terremoto che devastò la Sicilia sud-orientale, un sisma che rase al suolo undici città e provocò centomila morti. La catastrofe determinò una spinta che portò alla nascita, sotto la guida di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, della nuova Noto, una città alla cui costruzione parteciparono l' ingegnere militare olandese Carlos de Grunenbergh, il matematico netino Giovanni Battista Landolina Salonia, il gesuita Angelo Italia, numerosi architetti come Rosario Gagliardi, Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra, Paolo Mazza, il Landolina, Nicolaci. Ma anche decine di capimastri e scalpellini impegnati, come in una gara, a disegnare questo sublime gioiello. Quasi tutte le opere furono realizzate con la pietra tenera di queste contrade, il locale tufo bianco, simile alla pietra di Lecce, che si presta a una lavorazione da orafo sicché facciate, balconi, cornici, sono di un virtuosismo difficilmente immaginabile. Ma quel che più conta è la composizione della città, concepita come un vasto teatro, dalle rapide prospettive. E' un capolavoro della scenografia barocca, zeppo di chiese - sono ben trentadue - quasi tutte annesse a un convento. E' un numero impressionante se si pensa che gli abitanti non erano più di diecimila. Ma quella della fine del Seicento era una Sicilia religiosissima, e si era in piena Controriforma. E fu in quegli anni che si cominciò a edificare la cattedrale, finita e terminata nella seconda metà del Settecento, dove fino a ieri, quando è avvenuto il crollo di metà della cupola, era custodita l' urna argentea con le reliquie di San Corrado Confalonieri. E' anche per questo che la basilica è uno dei simboli di Noto, la testimonianza del potere e della cultura ecclesiastica, chiesa importante per il cui restauro, nel 1767, il vescovo di Palermo si rivolse all' architetto Fuga, che era tra i più famosi dell' epoca. Trionfa il barocco così come nel palazzo di Villadorata, con le mensole e il fregio a grifoni, o a San Domenico, con la facciata convessa, mossa come un panneggio, opera di Rosario Gagliardi. E' un palcoscenico reso celebre in tutto il mondo da Michelangelo Antonioni che a Noto, nel 1960, girò L' avventura. Ma oggi impalcature e teloni di protezione nascondono buona parte degli edifici, la zona intorno alla basilica è stata transennata per motivi di sicurezza e appena s' avverte la forza di questi capolavori che non sarà facile recuperare e restaurare. La pietra di queste terre, così facile da intagliare e adatta a creare decorazioni, che assume con gli anni il colore dorato dell' arancia, è tenera. E si sfalda. Crolla. Si interviene sempre con gran ritardo. E l' agonia della capitale del barocco sembra inesorabile. -
André Chastel, uno dei maggiori storici dell' arte italiana, ha scritto che "quanto tutto è perduto non si resiste alla disperazione se non ricostruendo l' ordine della vita con un ardore, un' ambizione, una fretta che possono giungere fino all' istrionismo". E' una frase che in qualche modo riassume la storia di Noto, oggi definita dall' Unesco "capitale europea del barocco", costruita in pochi anni dopo l' 11 gennaio del 1693, dopo che era stata completamente distrutta da un terremoto che devastò la Sicilia sud-orientale, un sisma che rase al suolo undici città e provocò centomila morti. La catastrofe determinò una spinta che portò alla nascita, sotto la guida di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, della nuova Noto, una città alla cui costruzione parteciparono l' ingegnere militare olandese Carlos de Grunenbergh, il matematico netino Giovanni Battista Landolina Salonia, il gesuita Angelo Italia, numerosi architetti come Rosario Gagliardi, Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra, Paolo Mazza, il Landolina, Nicolaci. Ma anche decine di capimastri e scalpellini impegnati, come in una gara, a disegnare questo sublime gioiello. Quasi tutte le opere furono realizzate con la pietra tenera di queste contrade, il locale tufo bianco, simile alla pietra di Lecce, che si presta a una lavorazione da orafo sicché facciate, balconi, cornici, sono di un virtuosismo difficilmente immaginabile. Ma quel che più conta è la composizione della città, concepita come un vasto teatro, dalle rapide prospettive. E' un capolavoro della scenografia barocca, zeppo di chiese - sono ben trentadue - quasi tutte annesse a un convento. E' un numero impressionante se si pensa che gli abitanti non erano più di diecimila. Ma quella della fine del Seicento era una Sicilia religiosissima, e si era in piena Controriforma. E fu in quegli anni che si cominciò a edificare la cattedrale, finita e terminata nella seconda metà del Settecento, dove fino a ieri, quando è avvenuto il crollo di metà della cupola, era custodita l' urna argentea con le reliquie di San Corrado Confalonieri. E' anche per questo che la basilica è uno dei simboli di Noto, la testimonianza del potere e della cultura ecclesiastica, chiesa importante per il cui restauro, nel 1767, il vescovo di Palermo si rivolse all' architetto Fuga, che era tra i più famosi dell' epoca. Trionfa il barocco così come nel palazzo di Villadorata, con le mensole e il fregio a grifoni, o a San Domenico, con la facciata convessa, mossa come un panneggio, opera di Rosario Gagliardi. E' un palcoscenico reso celebre in tutto il mondo da Michelangelo Antonioni che a Noto, nel 1960, girò L' avventura. Ma oggi impalcature e teloni di protezione nascondono buona parte degli edifici, la zona intorno alla basilica è stata transennata per motivi di sicurezza e appena s' avverte la forza di questi capolavori che non sarà facile recuperare e restaurare. La pietra di queste terre, così facile da intagliare e adatta a creare decorazioni, che assume con gli anni il colore dorato dell' arancia, è tenera. E si sfalda. Crolla. Si interviene sempre con gran ritardo. E l' agonia della capitale del barocco sembra inesorabile. -
PAOLO VAGHEGGI
Iscriviti a:
Post (Atom)
Informazioni personali
- Cimaruga
- Palermo, Italy
- Non amo avere rotti i coglioni...e ...e detesto chi non li ha....